Le arti marziali e il karate nello specifico oramai, sono sempre piùprotese verso la pratica sporti24va: l’efficacia del gesto è statosostituito dal movimento ginnico ed estetico fine a se stesso.
Peri meno esperti,in tal senso, è difficile distinguere il fine dai mezzi:se un movimento viene eseguito in quel modo efficace oppure in una garaviene “premiato” di più per la sua dinamicità e ampiezza? Molti dicono”faccio questo movimento in questo modo perché piace di più agli arbitri”.
La formazione marziale non è mai stata, e mai potràessere, legata alla “forma” se per forma si intende qualcosa di staticoe di immutabile nella sostanza e nel trascorrere degli anni, l’estetica, yokei (avere forma) non può essere per un’arte marzialel’unico parametro di valutazione.
Personalmente la forma la identifico come un insieme ordinato di regole necessarie ad attraversola muscolatura, la respirazione, l’intelligenza , la trasudazione e la formazione marziale per far fronte a qualsiasi “circostanza di lotta” che si possa presentare in qualsiasi momento.
Il modo migliore,purtroppo, per capire questo concetto è quando ci si trova a combattereper la vita; in questa occasione ci si rende conto se è più importantel’aspetto estetico o quello pratico; faccio questo tipo di movimentoperché vengo premiato con un punteggio più alto o perché questodeterminato movimento mi permette di ritornare a casa ancora vivo.
Unapratica che non perde mai di vista questi presupposti è un’attivitàprotesa verso una condizione che in giapponese viene definita”shin-shin-shugyo”, l’addestramento della mente e del corpo in unacondizione di “tensione” fisica e mentale, una condizioneindispensabile dove l’attacco e/o la difesa sono “senza forma” (mukei), un’azione non scollegata l’una dall’altra che permette una rispostaimmediata e piena di efficacia.
Il maestro Taji Kase era ungrande interprete di questa particolare condizione di “forma nonforma”, il grande Kase dimostrava con eccezionale naturalezza e potenzaquesta condizione definita da esso stesso “kobo itchi”, l’attacco e ladifesa uniti in un unico movimento corporeo legato da un solo attorespiratorio che non dava scampo all’avversario.
Ciro Varone