HAMERUGià in diverse occasioni ho scritto sul concetto di ura e omote, nozioni  oggi dimenticate ma , invece, onnipresenti   nella antica pratica del Budo giappone, dato che, ritengo, che tali principi non siano sempre ben compresi e  presenti nell’allenamento attuale  di tutti noi, credo sia  bene ritornare su queste spiegazioni cercando di sviscerare altri aspetti custoditi  nei kata del karate, quasi del tutto perduti, taciuti o ignorati.

Uno degli aspetti maggiormente confuso  è sicuramente  il concetto di “parata e contrattacco incluso “, cioè tutte quelle tecniche “camuffate” ma di completamento e di collegamento nascoste nelle pieghe delle parate e nei movimenti dei kata che esistono come messaggio implicito ma che non esistono come tecnica fisica,visibile  e misurabile dall’osservatore esterno.

 Per spiegare meglio questi aspetti, che molti credono siano puramente esoterici  ma che invece non lo sono per niente, queste nozioni  costituiscono l’impalcatura di un sistema di lotta complesso e ben strutturato che non tiene conto solo del gesto tecnico ma che include in esso, secondo la tradizione classica del Budo,  tutto ciò che serve al guerriero per sopravvivere sul campo di battaglia:  la tattica e la strategia.

Per  meglio farmi comprendere a questo punto è doveroso aprire una  parentesi, come dicevano i nostri avi, “ab ovo”, per  aprire  un riflessione che come sempre ci impone di ritornare agli albori della storia del karate in quanto è proprio in questa fase storica particolare che il karate ha subito diverse mozzature e distorsioni.

Sicuramente molti adepti del karate sono a conoscenza che i maestri precursori che erano gli unici depositari di queste competenze basavano i loro insegnamenti su due fronti, il primo prevedeva il kata come forma rigida e imposta , il secondo come strumento libero di conoscenza e sperimentazione di esperienze racchiuse  nel gesto, l’ura e l’omote:  tale pratica era per loro uno strumento impeccabile per spiegare  e fare comprendere le conoscenze originarie  e all’apparenza inesistenti  di quei principi che, appunto, erano, per ragioni che tutti noi ben comprendiamo, celati al pubblico e alle altre scuole rivali.

Premesso questo richiamo storico succede che sempre più spesso ci dimentichiamo che i kata non sono solo un condensato  di tecniche, la mia modesta esperienza mi ha fatto capire, anche dopo il mio viaggio fatto ad Okinawa, che essi sono dei “trattati di tattiche e strategie”, ed ecco che se parliamo di tattica e strategia molti aspetti dei kata vanno  rivisti da angolazioni diverse e con occhi completamente nuovi.

Dato che il procedimento di studio non potrà sicuramente vertere sull’esteriorità del gesto, misurabile e premiabile da una giuria ma, anzi,  dovrà per ovvi motivi  rispondere alle legge dell’efficacia, è d’obbligo  non perdere di vista che l’esecuzione del kata primigenio prevedeva che,nelle tecniche di parata  e nei movimenti di scivolamento del corpo,  ci fossero inseriti degli spazi ( hame-waza) che  racchiudessero colpi di gomiti, prese, ginocchiate e strangolamenti invisibili all’occhio estraneo; poiché questo particolare, che serviva per rendere il kata efficace ed applicabile alla realtà della lotta, non sempre veniva svelato, oggi quasi più nessuno ne è a conoscenza e pertanto i kata sono interpretati, applicati e insegnanti con distorsioni e modifiche che premiano il gesto agonistico ma ci allontanano sempre più dalla realtà contestuale delle esigenze di nascita e trasmissione di tali esercizi e il loro sviluppo come forma di Budo moderno.