UKE NO GO GENSOKU
Un buon kumite dipende da diversi fattori, tra i più importanti vi sono: RAKKA, RYUSUI, KUSSHIN, TAI SABAKI, HANGEKI, tali principi sono imprescindibili ed ogni praticante dovrebbe sapere come padroneggiarli.
Alcuni attacchi possono essere parati con le braccia o addirittura con le gambe o soltanto chiudendo il corpo senza lasciare punti deboli (SUKI) nella nostra postura. Altri possono essere evitati con spostamenti o schivate, altri ancora piegando le gambe, abbassando le anche o ruotando il corpo.
Ci sono parate che sono veri e propri blocchi (RAKKA), tali blocchi non solo servono a parare gli attacchi ma possono essere risolutive in quanto racchiudono già il contrattacco e la giusta strategia per non essere colpiti: immaginiamo un pugile chiuso all’angolo che per evitare di finire al suolo, si chiude la testa tra i guantoni utilizzando anche i gomiti come difesa.
Il corpo di un combattente dovrebbe essere agile, fluido come l’acqua che scorre, solo in tal modo puoi eludere gli attacchi e gli affondi dell’avversario (RYUSUI).
Quando si combatte c’è bisogno di balzare sull’avversario e/o uscire repentinamente dai suoi attacchi, per farlo bisogna utilizzare gli archi delle gambe, sia per difendersi che per colpire entrando: bisogna attaccare, parare e schivare entrando e uscendo come se fossimo una molla (KUSSHIN).
Quando ci troviamo di fronte ad un avversario molto aggressivo e veloce, possiamo eludere i suoi attacchi utilizzando un complesso lavoro di gambe: spostamenti laterali, all’indietro e in rotazione (TAI SABAKI).
Applicando questi 4 principi si giunge spontaneamente al 5° principio: il contrattacco (Hangeki).
Benché vi siano molteplici possibilità di evitare e di bloccare un attacco, quando se ne presenta l’occasione, possiamo mettere fine al combattimento con un contrattacco deciso e potente, applicando un blocco o una schivata possiamo rientrare e rispondere agli attacchi applicando nel nostro contrattacco tutta la nostra energia fisica e mentale.